Per tutti ci sono date speciali, date importanti, che ricordano momenti, episodi, che evocano ricordi. Date fondamentali, come il giorno del matrimonio, il giorno in cui nasce un figlio, o la data in cui ci si è laureati, per esempio. La data di una promozione lavorativa, o la data di inizio del primo lavoro, o ancora… la data in cui si va finalmente in pensione.
La data in cui ci si è dati il primo bacio, la data in cui si è fatto per la prima volta l’amore, la data in cui si è conosciuto… l’Amore.
Per me, nulla di tutto questo. La data tristemente più importante è il 26 maggio 2016.
Era cominciata bene quella giornata… .solite riunioni di lavoro, solito posto, quel “posto” che avevo desiderato per tutta la vita, e che avevo, faticosamente, raggiunto. Quel posto che mi faceva svegliare contento ogni mattina, e mi faceva tornare a casa la sera stanco. Stanco, ma soddisfatto. Ero io, era il mio lavoro, era il mio ruolo. C’era la mia squadra faticosamente da me costruita nel tempo, i miei progetti, i miei … successi. Una progressione di carriera continua, inarrestabile, una “funzione non decrescente”, per usare un termine matematico.
Mi sentivo felice. Ero felice. Avevo tutto. Anzi, forse quasi tutto…. ma quello che mi mancava, non sapevo – al tempo – che non avrei mai potuto conquistarlo. Ero contento, appagato. Camminavo 3 centimetri sopra terra, la ricordo bene quella sensazione: ero contento di lavorare tanto, di credere in un sogno realizzato, di essere dove era giusto essere. Con prospettive, con un percorso segnato (almeno io lo pensavo), sapendo esattamente cosa fare e quando farlo.
Stavo davvero bene.
Ed è con questo mood che alle 17 vado all’ultima riunione in programma. Non c’era stato il covid, non c’era lo smart working, tutto in presenza. Entro in sala riunioni…. clima tutto molto strano. Percepisco subito che qualcosa non va. Ma non capisco. Non colgo subito. Non ero pronto, non sapevo cosa stesse succedendo, anzi, non poteva succedere quello che stava succedendo.
“La tua esperienza con noi finisce qui”.
Diretto. Dopo 2 minuti dall’inizio della riunione, dopo i pochi convenevoli d’apertura. Una sentenza senza appello, una sciabolata che decapita la mia testa che non ammette repliche. Una lama che in pochi secondi azzera anni di sacrifici costruiti mattoncini sopra mattoncini. Pochi secondi sono bastati per cancellare tutto, in quella stanza buia, con molte teste dei presenti abbassate per la vergogna, mentre il giudice ed esecutore legge la sentenza.
Da quella data, da quel 26 maggio 2016, la mia vita è cambiata. Totalmente. Ho vissuto momenti che non auguro a nessuno: da quella data, e nei giorni seguenti. Il silenzio, il vuoto. Non trovare delle risposte ai miei perchè mi faceva impazzire. Pensare a dover ricostruire tutto, daccapo. Non sapere da dove iniziare…. quali cocci raccogliere. E alla fine, quello che è stato, è stato anche peggio di quello che avevo immaginato essere peggio. Persone che pensavo fidate, hanno girato la testa dall’altra parte. Persone che mi dovevano, mi potevano stare vicine… non lo hanno fatto. Tante parole, ma fatti zero. Ero solo, con me stesso e con le mie forze. E dovevo rialzarmi. E quante volte, da quella data, sono caduto e mi sono rialzato. Molte piu’ di quelle che avevo creduto, molte piu’ di quelle che avevo voluto. Molte piu’ di quelle che credevo umanamente possibile… e ci sono riuscito, tutto sommato.
Ebbene oggi quella data ritorna violentemente nei miei pensieri. Colori, persone, nomi, emozioni. Perchè oggi, sapere che “di là” qualcosa sta cambiando, che qualcuno sta uscendo, tra cui chi ha preso il mio posto… non puo’ non farmi pensare al 26 maggio 2016. Al fatto che potevo essere ancora lì, a quello che sarei potuto essere o diventare, al bene che avrei potuto provare, e …. a dove sono invece oggi. E al percorso, difficile, difficile, che pure ho fatto per finire qui.
Ero bravo. Fottutamente bravo. Io lo so, tutti lo sapevano e lo sanno: ma non è bastato. Perchè non basta essere bravi… perchè bravi lo si è se non ci si lascia condizionare da niente e nessuno, men che meno dal cuore. Se si usa la testa, e non si dà retta ai sentimenti. Se si smette di sognare, anche se sognare…. è così bello in fondo. Ero vulnerabile, ho visto una luce che probabilmente non c’era, e…. ho sbagliato. E ancora oggi, ripensare a tutto questo, fa male, molto male.
Fra poco saranno 9 anni …. 9 anni in cui la mia vita avrebbe potuto prendere una strada totalmente diversa. Quella che avevo tracciato io, quella che avevo deciso io. Quella che ho sempre voluto e desiderato. Quanta malinconia. quanti ricordi ha suscitato la “notizia” di questi giorni.
E pensare che, ironia della sorte, il giorno dopo, ero in ufficio. Il 27 maggio, ero nel mio ufficio. Ufficio che da allora, non ho più riavuto solo per me. Ricevo una telefonata: è arrivata la macchina nuova che era stata ordinata: BMW X3. Sedili in pelle color crema, esterno grigio metallizzato. La prima, vera, macchina aziendale nuova. Ricordo solo la mia risposta, fra le lacrime: “non so se potrò passare a ritirarla…. le faccio sapere”. Ho riattaccato.
E’ andata così (cit.)