Il 3 aprile 2020 inauguravo questo blog con la frase di Hanry Ford: “Ogni fallimento è semplicemente un’opportunità per ricominciare in modo più intelligente“. Non so dire se ci credevo (e ci credo) veramente o cosa… lo ammetto. Di sicuro, oggi, sono di fronte all’ennesimo fallimento e mi tocca ricominciare, ancora una volta, da zero.
Succede infatti che dopo 5 anni devo lasciare un’altra casa. Stavolta casa mia, quella che ho costruito, arredato, arricchito, da solo. Settimane dopo settimane dopo settimane. Dopo averla comprata, ristrutturata e averla arricchita di quadri, domotica, piante/fiori e comodità di ogni genere. La mia casa, quella con solo il mio nome appiccicato sul campanello. Quella che doveva essere inizialmente un investimento da affittare, poi diventata casa mia, e poi ritorna ad essere quella che era all’inizio: un investimento, o un futuro rifugio per i miei figli. Peccato che nel frattempo io di quella casa mi sono innamorato, perchè oltre ad essere casa mia…. rappresenta oggi il mio baricentro di vita, il mio “vado in scooter in 15 minuti al lavoro”, o semplicemente lo stare vicino ad amici, colleghi, ex colleghi. Il mio mondo.
Ecco tutto questo sta per scomparire, e sebbene manchino 3 mesi al giorno in cui non potrò più entrare, sento già come se quel tempo fosse arrivato. E più sento questo peso, più intorno a me c’è indifferenza, superficialità. Che fa ancora più male. Perchè in fondo: è una casa no? Quattro mura, peraltro in un paese semi-sconosciuto ancora oggi. E invece era (ed è) per me la rinascita, l’affermazione di qualcosa che ho sempre desiderato (vivere in una città, nella mia città, Milano) vicino a tutto quello che ho sempre voluto. La possibilità di andare facilmente a teatro, fare la spesa, prendere la metro e andare in centro. Incontrare gli amici, fare un aperitivo.
In una parola: vivere.
Torno in una città (o paese?) che in fondo mi ha visto crescere per i primi 40 anni, dove l’unico sollievo (e non è poco) è il fatto di poter avere vicino, piu’ vicino, fisicamente i miei figli. Che peraltro sono cresciuti, sono ormai grandi, e quindi con il rischio…. di non aver nemmeno piu’ questo “beneficio”. Solo, in una città diventata dopo 5 anni straniera, lontano da tutto e da tutti. Isolato. La sto facendo più pesante di quello che è , vero? In fondo…. ci sono cose più importanti. C’è la salute. C’è il lavoro…. già…. il lavoro.
In fondo, è una casa, una stupida casa.
Però, era la mia casa. Come a quella precedente, che pure avevo costruito a mia immagine e somiglianza, e che ho dovuto vendere, 2 anni fa… quando scrivevo che un’altra porta si stava per chiudere….In fondo , è l’ennesimo deja vu. Che non avrei voluto vedere. Ma… del resto, non c’erano piu’ le condizioni per stare qui…. giusto?…..Non più. Ho provato, riprovato, ho resistito. Quasi a tutto.
Sono passati 5 anni…. e ricomincio ancora daccapo. Da zero. Zero amici, zero contatti, zero legami, in un paese dove non voglio stare, i cui ricordi peseranno più del presente. In cui mi sentirò osservato, forse giudicato, di sicuro non apprezzato. In una casa buia, dove quando aprirò le finestre non vedrò la vista del decimo piano, la torre Mediaset, piazza tre torri o il Pirellone. No. Vedrò un cortile, o nella migliore delle ipotesi… una piccola strada di paese, trafficata di biciclette e gente che urla.
Certo che la vita è davvero incredibile (e non so se è il termine corretto). A cosa è valso tutto questo? A volte me lo chiedo. Avrei potuto scegliere diversamente ? Comportarmi diversamente? Avrei potuto non seguire certe strade e preferirne altre? oggi ,riparto da zero. Quindi forse … la risposta è scontata. Certo avrebbe potuto andare diversamente. Ma non lo sapremo mai…. vero?